Considerarli dei semplici fiori è riduttivo, i fiori di marijuana sono il cuore pulsante delle piante di cannabis. Proprio qui si sviluppano i principali composti attivi, usati anche per la realizzazione di tantissimi prodotti a base di canapa, a partire dagli oli di CBD.
Le infiorescenze sono infatti un concentrato di flavonodi, responsabili del colore e ricchi di proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e neuroprotettive. Ma anche di terpeni, da cui dipendono aroma e sapore.
E infine di tricomi, piccoli cristalli di resina che contengono cannabinoidi, come il THC o il CBD.
Gran parte degli effetti dei fiori di marijuana e dei loro derivati dipendono proprio dal tipo di cannabinoide presente. Il THC in alti quantitativi, infatti, causa effetti psicotropi e sballo. Per questo lo si trova in elevate concentrazioni soprattutto nella marijuana usata per scopi ricreativi. Il CBD, invece, non causa alterazioni spazio-temporali ed è apprezzato per le sue azioni regolatrici (dell’umore, dell’appetito, della qualità del sonno) e calmanti, con effetti benefici sia per il corpo sia per la mente.
Quindi una prima distinzione macro-distinzione delle inflorescenze è questa: i fiori di marijuana dagli effetti psicoattivi e quelli invece che non provocano alcuno sballo.
Fiori di marijuana: le 3 tipologie più diffuse
C’è poi un’altra grande classificazione che racchiude le infiorescenze di canapa in tre grandi famiglie genetiche che prendono il nome proprio dalle rispettive varietà di piante di canapa:
- Indica: qui i fiori di marijuana sono compatti, densi e pesanti, con un profumo intenso e terroso. Le infiorescenze di Indica, grandi e resinose, sono apprezzate soprattutto per i loro effetti rilassanti.
- Sativa: si distinguono per infiorescenze più leggere, meno compatte, con un aroma più agrumato e speziato. La canapa Sativa produce fiori con effetti più energizzanti e stimolanti.
- Ibridi: nascono dalla combinazione di cannabis Indica e Sativa. Offrono quindi una vasta varietà di effetti e profili chimici che variando in base agli scopi per cui vengono prodotte, ricreativi o terapeutici.
Tra le piante coltivate volontariamente le specie ibride sono le più diffuse perché permettono di adattarsi facilmente alle richieste del mercato.
Negli ultimi anni, poi, c’è stata un importante riscoperta dei benefici della canapa e soprattutto del CBD. Per questo una delle varianti di fiori di cannabis più apprezzate è quella ad alto contenuto di Cannabidiolo, il CBD, appunto.
Dal fiore di marijuana all’estrazione: come si ottiene il CBD
Rilassante muscolare, antidolorifico, ansiolitico, antinfiammatorio naturale… sono solo alcune delle più note proprietà del CBD.
Per estrarlo dai fiori di marijuana si ricorre a diverse tecniche. Le più comuni sono:
- Estrazione con CO₂ supercritica
Utilizza anidride carbonica portata a uno stato supercritico (tra liquido e gas) per estrarre i cannabinoidi. È un metodo altamente selettivo, non tossico e lascia un estratto puro, privo di residui chimici.
- Estrazione con solventi naturali
Si basa sull’uso di etanolo alimentare o oli vegetali (come olio d’oliva o di cocco) per sciogliere i principi attivi dai fiori. È una tecnica semplice ed economica, ma può estrarre anche sostanze indesiderate.
- Estrazione a freddo
Impiega la macerazione dei fiori in olio vettore a basse temperature per mantenere intatti i composti più delicati. È ideale soprattutto per preparazioni topiche e cosmetici naturali.
Il risultato è un estratto puro che può essere trasformato in diversi prodotti, dai cosmetici alla canapa, creme al CBD e anche alimenti e bevande alla cannabis.
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